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Mutui e rate pagate: quando è possibile ottenere il rimborso
La Corta d'Appello di Milano ha dichiarato la nullità di una clausola inserita in un contratto di mutuo a tasso variabile che prevedeva un limite alla riduzione del tasso di interesse pattuito. Una pronuncia destinata a fare scuola nel mercato italiano del settore.

C’è una sentenza della Corte d’Appello di Milano destinata ad avere una vasta eco nel campo dei mutui e riguarda la nullità dei tassi floor, di cui tanto si è discusso in passato. Proviamo a capirne di più.
Clausola nulla
Il tribunale meneghino ha dichiarato la nullità di una clausola inserita in un contratto di mutuo che prevedeva un limite alla riduzione del tasso di interesse pattuito. La motivazione? La clausola non è stata il frutto di una specifica trattativa tra la banca e il cliente.
Certo, in una stagione di tassi al rialzo come quella che stiamo vivendo, ciò di cui si discute può apparire fuori luogo, ma non dimentichiamo che i tempi della giustizia – in particolare in Italia – non sono velocissimi. Pertanto il caso preso in esame riguarda un contesto diverso, quello che per anni ha visto scendere i tassi sui finanziamenti alla luce di una politica ultra-accomodante da parte delle banche centrali. Una tendenza che aveva coinvolto anche l’Euribor, vale a dire il tasso, con scadenze comprese tra una settimana e un anno, preso come riferimento dalle banche per fissare – tra le altre cose – il tasso dei mutui variabili. Si tratta dell’elemento di “base”, sul quale si innesta lo spread (quota che comprende i costi e i rischi a carico dell’istituto, oltre al suo guadagno) per determinare il tasso finito.
Scenario insolito
Per capire perché si è arrivati a questa tendenza, occorre ricordare che negli ultimi anni l'Euribor è sceso addirittura sotto lo zero, diventando quindi una componente negativa del tasso complessivo addebitato dalla banca, a tal punto da intaccare lo spread. In sostanza, a fronte di un Euribor negativo, le banche si trovavano ad applicare un tasso finito inferiore allo spread. Uno scenario al quale alcuni istituti avevano risposto introducendo nel contratto di mutuo una clausola “floor”, per effetto della quale il valore della componente variabile agganciata al tasso Euribor, anche qualora fosse divenuta negativa, non sarebbe mai stata calcolata al di sotto dello zero. Un modo, dunque, per salvaguardare lo spread, a garanzia dell’integrale remunerazione attesa dalla banca per la concessione del mutuo.
La sentenza
A proposito della clausola floor, la Corte d’Appello di Milano ha stabilito che “determina uno squilibrio giuridico e normativo, consentendo ad una sola parte (la banca) di trarre pieno beneficio dalle variazioni a sé favorevoli dell’indice e di limitare il pregiudizio derivante dalle variazioni a sé sfavorevoli”.
Fatta questa premessa, i giudici hanno fatto riferimento al Codice del Consumo, in virtù del quale, qualora non sia stata oggetto di specifica trattativa con il consumatore, la clausola debba considerarsi vessatoria proprio alla luce dello squilibrio di poteri tra le parti.
Richiamando gli orientamenti della Corte di giustizia europea, la Corte d’Appello inoltre ricorda che “il principio di effettività del diritto comunitario impone che i consumatori ottengano la restituzione di tutte le somme pagate in esecuzione di clausole vessatorie dichiarate nulle”.
Le conseguenze
Almeno in teoria, le conseguenze si annunciano importanti, dato che l’utilizzo delle clausole floor è stato abbastanza diffuso tra il 2015 e l’inizio di quest’anno. Resta da capire quanti italiani vorranno attivarsi per via giudiziale con la finalità di ottenere la restituzione delle somme corrisposte proprio a causa della clausola presente nel proprio contratto.
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