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Superbonus, corsa a salvare il salvabile
Dopo le proteste, è il momento delle proposte. Dalle banche alle associazioni imprenditoriali, sono in tanti ad avanzare proposte al Governo per "addolcire" il decreto che ha disposto lo stop a tutte le cessioni dei crediti legati ai bonus immobiliari.

La decisione assunta dal Governo di bloccare le cessioni del credito relativamente ai bonus edilizi sta creando una sollevazione da più parti, tanto che sono già partite le azioni per cercare di salvare il salvabile ed evitare che questa decisione crei una paralisi dei lavori già iniziati.
La decisione di abolire sconto in fattura e cessione dei crediti
Pressato dalle autorità comunitarie, che hanno sottolineato da una parte la mole di debiti accumulati dallo Stato per finanziare le ristrutturazioni (si parla di circa 110 miliardi di euro) e dall’altra il rischio che le continue cessioni dei crediti andassero a configurare una sorta di moneta parallela, l’esecutivo ha deciso via decreto di abolire lo sconto in fattura e la cessione dei crediti. Colpendo così soprattutto il Superbonus, già fiaccato dalla riduzione della detrazione dal 110 al 90% entrata in vigore all’inizio di quest’anno.
A essere spiazzati sono da una parte le migliaia di imprese dell’edilizia impegnate nei lavori, dall’altra i cittadini che hanno avviato i cantieri e ora non sanno come fare per completarli. “Tutto quello che si è iniziato non si può portare a termine: ci sono 90mila cantieri fermi e oltre 150mila lavoratori bloccati”, lamentano dall’Anaci, l’associazione degli amministratori dei condomini.
Le ipotesi di riforma
Così sono fioccate numerose proposte per depotenziare il provvedimento in sede di conversione in legge del decreto. Tra quelle che hanno maggiori possibilità di andare in porto c’è la cartolarizzazione o compensazioni tramite i modelli F24, come proposto dall’Associazione bancaria italiana (Abi) e da quella dei costruttori (Ance). La cartolarizzazione dovrebbe partire dall’individuazione delle risorse incagliate, per poi passare a costruire dei pacchetti di crediti da cedere sul mercato tramite veicoli ad hoc, con l’auspicio che questo consenta di recuperare buona parte dei già citati 110 miliardi. L’ostacolo principale per questa soluzione è relativo alla tempistica: le procedure indicate richiederebbero mesi, a fronte di una situazione che è di assoluta emergenza.
Compensare gli F24 sarebbe invece una strada immediata perché consentirebbe alle banche, che hanno sostanzialmente esaurito le proprie capienze per questo ambito, di scaricare i debiti compensandoli con gli importi dei pagamenti fiscali fatti dai clienti con i modelli F24 ai propri sportelli. È evidente perché gli istituti di credito spingono in questa direzione, che tuttavia per lo Stato significherebbe contabilizzare immediatamente le spese relative al finanziamento dei bonus immobiliari.
I timori delle imprese
La sensazione è che qualche intervento ci sarà, ma che non sarà facile mettere una pezza risolutiva alla montagna di crediti incagliati che si è venuta a creare. Per questo motivo tra le imprese impegnate nei lavori domina la prudenza. “Le ipotesi prospettate dal Governo sul nodo dei bonus edilizia rappresentano un primo passo, ma non sono ancora risolutive”, sottolinea in una nota Confartigianato. “Auspichiamo che vengano individuate rapidamente le modalità più efficaci per affrontare la priorità dello sblocco dei crediti incagliati degli imprenditori che hanno effettuato lavori utilizzando lo sconto in fattura e la cessione del credito”.
Mentre Confedilizia chiede una riforma mirata della cessione dei crediti che consenta di mantenere questa possibilità per gli interventi antisismici e per quelli di eliminazione delle barriere architettoniche. Una richiesta che ha incontrato il favore dell’esecutivo, che avrebbe incaricato i tecnici di calcolare l’impatto economico di una misura di questo tipo.
Cna, invece, chiedo lo sblocco immediato dei bonus minori, vale a dire quelli che riguardano gli infissi e gli impianti di casa, bloccati dall’incertezza su come certificare la fine dei lavori, alla luce del decreto dei giorni scorsi.
Infine, Confapi (Confederazione della piccola e media industria privata) chiede più tempo alle imprese per detrarre i crediti, passando dagli attuali quattro a dieci anni, in modo da consentire anche alla situazioni più intricate di trovare una via d’uscita.
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