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Rinegoziare il mutuo, ecco quando conviene

La "tegola" Bce si abbatte sulle famiglie che hanno in corso un mutuo a tasso variabile. E il governo scende in campo con la Legge di Bilancio 2023, rispolverando una vecchia norma salva mutui per passare al tasso fisso. Una soluzione che non sempre però può risultare conveniente.

31/01/2023
casetta attorniata da pile di monete
Rinegoziazione mutuo: quando conviene?

La "tegola" Bce si abbatte sulle famiglie che hanno in corso un mutuo a tasso variabile. Il tasso di riferimento delle operazioni principali (il cosiddetto tasso Refi) della Banca Centrale Europea è salito in sei mesi al 2,5% e di pari passo è cresciuto anche l'Euribor, il tasso interbancario a cui è parametrato il costo complessivo dei mutui variabili. Il risultato finale è un aumento della rata del finanziamento (per i mutui a rata costante, invece, si allunga la durata), che pesa come un macigno su un bilancio familiare già penalizzato dalla corsa dell'inflazione.

Per alleviare le "sofferenze" finanziarie delle famiglie, il governo è sceso in campo con la Legge di Bilancio 2023 rispolverando una vecchia norma salva mutui (del 2011) che, a determinate condizioni (Come cambiare mutuo da variabile a fisso?), tra cui la durata del mutuo e l'Isee, apre alla possibilità di rinegoziare il mutuo con il proprio istituto di credito, passando dal tasso variabile a quello fisso, e mantenendo invariato lo spread. Una soluzione che non sempre, però, risulta conveniente. Gli elementi da valutare sono diversi, come il tasso di riferimento a cui è agganciato il mutuo o ancora la durata residua.

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Alle prese con i tassi

Il tasso a cui è agganciato il proprio mutuo è determinante nella scelta della rinegoziazione per passare da variabile a fisso. La norma salva mutui rispolverata dal governo Meloni prevede che il tasso fisso del nuovo finanziamento venga individuato tra il più basso tra l'IRS a 10 anni e l'IRS della durata residua del mutuo, maggiorato dello spread che rimane invariato.

Per fare un esempio pratico, chi ha un mutuo che scade tra 20 anni potrà rinegoziare il propio finanziamento, scegliendo la formula del fisso al tasso dell'IRS a 20 anni, oggi al 2,66%, che è più basso rispetto all'Interest rate swap a 10 anni (oggi al 2,83%). Per valutarne la convenienza, però, questo tasso dovrà essere confrontato con quello a cui è agganciato il proprio mutuo a tasso variabile, ovvero l'Euribor, che varia in base alla scadenza. Quello a un mese, per esempio, quota oggi al 2,07%, il 3 mesi al 2,45%, il 6 mesi al 2,92% e quello a 1 anno al 3,35 per cento.

Se si confrontano i tassi oggi, senza tener conto delle stime future, dunque, avrebbe convenienza a rinegoziare il proprio mutuo solo chi è agganciato all'Euribor a 6 mesi e a 1 anno, alleggerendo così nell'immediato il proprio bilancio familiare. E il quadro non cambia di molto se si guarda alle attese sulla Bce. È vero che i tassi aumenteranno ancora, ma a giugno 2023 dovrebbero raggiungere il picco, per poi tornare a scendere gradualmente. E a quel punto tornerebbe a ridimensionarsi anche la rata dei mutui variabili.

La variabile "durata"

Oltre al tasso, un altro elemento da prendere in considerazione nel valutare la convenienza a rinegoziare il muto è la durata residua. La maggior parte dei "finanziamenti" (se non la quasi totalità) sono stipulati con un ammortamento alla francese, con il grosso degli interessi che viene pagato (assieme a una quota capitale) nella prima parte di vita del mutuo.

Chi ha superato metà della durata del finanziamento, per esempio, si ritrova ad aver pagato già il 70% circa degli interessi e di conseguenza avverte meno il peso sulla rata dell'aumento del tasso di riferimento. In questo caso, dunque, non avrebbe alcuna convenienza a rinegoziare il mutuo per passare al fisso. A maggior ragione se l'ipotesi che i tassi raggiungeranno un picco a giugno 2023 si rivelerà esatta.

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A cura di: Gabriele Petrucciani

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