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La stretta monetaria pesa sui prestiti e i mutui
Il rialzo dei tassi da parte della Bce comincia a farsi sentire sull'accesso al credito sia dal lato dei prestiti, sia dell'immobiliare, anche se la situazione di fondo resta positiva e questo crea le condizioni per la ripartenza, appena migliorerà la congiuntura.

L’economia italiana continua a crescere e molte famiglie italiane confermano la considerazione dell’immobiliare come l’investimento principe della propria vita, ma le decisioni di politica monetaria si fanno sentire. La stretta che la Bce sta attuando in maniera ininterrotta da ormai undici mesi si fa sentire sui tassi applicati ai clienti che chiedono prestiti.
Mutui oltre la soglia del 4%
A maggio il tasso medio sulle nuove operazioni per l’acquisto di abitazioni è stato il 4,24%, un livello più che doppio rispetto a quello registrato a giugno dello scorso anno (2,05%). Eppure, nonostante la corsa recente, il livello attuale (per altro destinato a salire dopo che anche a giugno la Bce ha proseguito nel rialzo dei tassi) resta basso nel confronto con le medie storiche. Basti pensare che alla fine del 2007, cioè allo scoppio della grande crisi finanziaria globale, quando presero il via le politiche accomodanti da parte delle banche centrali, il tasso medio sui mutui si attestava al 5,48%.
Tornando ai dati recenti, a maggio il tasso medio sul totale dei prestiti è stato del 4,12% contro il 2,21% di giugno 2022, con un incremento di 191 punti base, ma su un livello ben inferiore al 6,18% di fine 2007.
Crescono i rendimenti dei conti deposito
Di pari passo, cresce il tasso praticato sui nuovi depositi a durata prestabilita, cioè certificati di deposito e depositi vincolati. A maggio si è arrivati in media al 3,21% dallo 0,29% di giugno 2022. Del resto, proprio i conti deposito vincolati stanno riscontrando grande interesse verso i risparmiatori, i quali puntano a difendere i patrimoni accumulati dai morsi dell’inflazione, ma non sono disposti a correre grandi rischi.
Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni a tasso fisso a maggio 2023 è arrivato al 4,44% dall’1,31% di giugno 2022, il che costituisce un aggravio per le aziende emittenti, ma al contempo un’opportunità di rendimento interessante per gli investitori.
A maggio 2023, il tasso praticato mediamente sul totale dei depositi in essere (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti) è 0,68% (0,32% a giugno 2022), il che conferma la mancanza di convenienza nel lasciare i propri soldi fermi sul cc.
Il tasso praticato sui soli depositi in conto corrente è 0,32% (0,02% un anno prima), tenendo conto che il conto corrente permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento.
Rallenta la dinamica dei finanziamenti
La rilevazione mensile dell’Abi segnala che a maggio i prestiti a imprese e famiglie sono scesi dell’1,1% rispetto a un anno prima, mentre il mese prima avevano registrato un calo dello 0,3%. Ad aprile risale l’ultimo spaccato tra tipologie di prestatori, con la componente delle famiglie ancora in crescita (+1,4% nel confronto annuo) e quella delle imprese già in sensibile contrazione (-1,9%).
All’interno di un quadro che inevitabilmente risente delle decisioni di politica monetaria, va segnalata la tenuta della qualità del credito. Le sofferenze nette (cioè considerando svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con) ad aprile si sono attestate a 15,2 miliardi di euro, in aumento di appena 1 miliardo rispetto a dicembre 2022 e di circa 70 milioni rispetto al mese precedente. Insomma, niente a che vedere con gli 89 miliardi del novembre 2015. Questo significa che la situazione delle banche nel nostro Paese resta buona e questo crea le condizioni per una ripartenza nel momento in cui verranno superate le incognite a livello macro.
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