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L’aumento dei tassi rilancia le surroghe

L'Osservatorio di MutuiOnline.it segnala che nel terzo trimestre le sostituzioni di mutui già in essere hanno riguardato il 19,2% di tutte le richieste presentate alle banche italiane, con un forte balzo in avanti rispetto al 12,1% del secondo trimestre.

26/10/2022
percentuali impilate e freccia in su
Tassi in rialzo e rilancio del mutuo surroga

Proprio quando sembravano ormai una componente residuale del pianeta mutui, le surroghe hanno rialzato la testa. Secondo l’ultima rilevazione di MutuiOnline.it, nel terzo trimestre le sostituzioni di mutui già in essere hanno riguardato il 19,2% di tutte le richieste presentate alle banche italiane, con un forte balzo in avanti rispetto al 12,1% del secondo trimestre. Questa performance ha eroso quote alle altre finalità.

L’acquisto prima casa resta l’obiettivo principale di chi accende un finanziamento a lungo termine, dato che copre il 67,6% di tutte le richieste, un’incidenza inferiore di otto punti percentuali rispetto al periodo aprile-giugno. Piccola limatura (due decimali) per l’acquisto seconda casa, che ammonta al 7,3% di tutte le domande, mentre restano marginali – pur con piccoli incrementi – tanto il mutuo ristrutturazione, quanto quello legato a consolidamento e liquidità.

Le ragioni del cambio di rotta

La forte ripresa delle surroghe si spiega alla luce delle decisioni assunte dalla Banca Centrale Europea. A partire da luglio, l’istituto di Francoforte ha abbandonato la politica dei tassi zero, perseguita per undici anni, e ha iniziato ad alzare i tassi, con un primo ritocco all’insù di mezzo punto, seguito da un altro dello 0,75% a settembre. Dall’Eurotower hanno fatto sapere che il percorso proseguirà fino a che l’inflazione non tornerà su livelli accettabili (oggi è proiettata verso il 10%) e quindi appare inevitabile che vi sarà un’ulteriore stretta sia a fine mese (riunione prevista per il 27 ottobre), sia nella riunione di dicembre.

Il risultato di tutto ciò è che alcuni tra coloro che hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile negli anni scorsi, oggi preferiscono convertirlo in un fisso per frenare la corsa al rialzo della rata. Anche perché, con la persistente inflazione su ritmi elevati, le tasche delle famiglie sono sempre più sotto pressione.

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Condizioni ancora accessibili

A guardare lo storico degli indici Euribor e Irs, che sono i parametri usati rispettivamente per i mutui a tasso variabile e per i mutui a tasso fisso, emerge chiaramente come la tendenza sia al rialzo, proprio alla luce delle scelte di politica monetaria. Tuttavia, basta fare un confronto con i tassi applicati fino a qualche lustro fa per accorgersi che le condizioni di finanziamento oggi restano ancora molto convenienti. Qualche esempio? L’Euribor a 1 mese è cresciuto di un punto percentuale tra giugno e settembre, ma lo 0,52% rilevato alla fine del terzo trimestre è comunque un livello particolarmente contenuto. E lo stesso vale per l’Irs a dieci anni, salito al 2,70%.

Un altro elemento interessante che emerge dalle rilevazioni di MutuiOnline.it è relativo alla ripresa del variabile che, tra le domande del terzo trimestre 2022 arriva a sfiorare il 30%, con un notevole balzo in avanti rispetto a quasi il 20% del trimestre precedente. Cresce anche il mutuo a tasso variabile variabile con CAP, che sfiora il 18%, mentre il tasso fisso passa da poco più del 73% al 51,5% delle richieste totali.

Se si guarda al differenziale tra i tan medi del fisso e del variabile non vi sono stati grandi scostamenti negli ultimi mesi, pertanto le ragioni di questa tendenza sono da ricercare altrove. Probabilmente il ragionamento che fanno in tanti è il seguente: considerato che la Bce ha già operato alcuni rialzi, gli spazi per un’ulteriore stretta si riducono, complice l’indebolimento della crescita economica, che suggerisce di non limitare troppo l’accesso al credito. A questo punto meglio optare per il variabile in modo da ottenere un certo risparmio, almeno all’inizio del piano di rimborso.

Assestamento per i prezzi

La debolezza della congiuntura si riverbera anche sull’importo medio richiesto, che tra il secondo e il terzo trimestre scende nell’ordine del 3,1% (arrivando a 134.727 euro), con gli italiani che evidentemente stanno attenti a non fare il passo più lungo della gamba.

A questo proposito va segnalato un altro studio targato MutuiOnline.it. Si tratta dell’Osservatorio Immobiliare, dal quale emerge che i prezzi al metro quadro nella Penisola, nel corso del terzo trimestre si sono attestati a 1.906 euro al metro quadro, con un calo di 81 euro in tre mesi, al livello più basso dal terzo trimestre 2020, il periodo maggiormente impattato dalla crisi pandemica. Anche se restringendo l’analisi al solo mese di settembre si risale poco sopra i 2mila euro al metro quadro. In sostanza siamo in una fase di assestamento, nella quale si confrontano due forze: l’inflazione elevata che spinge i prezzi verso l’alto e la condizione economica che invece indirizza il mercato in direzione opposta. Ovviamente la media nazionale non tiene conto della situazione nei diversi territori, con la provincia di Milano che si conferma la più cara, con una media di 2.911 euro al metro quadro, 140 euro più di Roma e 500 circa rispetto a Trento, le due province che completano il podio.

Nel Mezzogiorno i prezzi sono decisamente più a buon mercato, con Reggio Calabria in coda a quota 1.001 al mq.

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A cura di: Nicoletta Papucci

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