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Ecco come inflazione e tassi incidono sui nuovi mutui
In attesa di conoscere le prossime mosse da parte della Bce, il mercato dei mutui si adegua all'ultimo rialzo. Le condizioni di accesso ai finanziamenti per l'acquisto della casa si fanno più difficili, ma tra gli italiani resta forte la voglia di una casa di proprietà.

L’inflazione che non accenna a rientrare è oggi il maggiore fattore di preoccupazione per le famiglie italiane e non solo. Il carovita, infatti, spinge la Banca centrale europea a proseguire con il rialzo dei tassi ufficiali, con ricadute dirette sulle condizioni applicate ai mutuatari.
Cresce l’importo medio dei mutui e calano le richieste
Nel corso del primo trimestre, segnala uno studio di Crif, l’importo medio dei mutui richiesti dagli italiani ha raggiunto il picco massimo degli ultimi dieci anni a quota 145mila euro, un valore dello 0,9% superiore al primo trimestre del 2022. Segno che le quotazioni immobiliari non sono fin qui state frenate dalla congiuntura negativa, anzi la crescita dei prezzi relativi ai beni di consumo spinge evidentemente tanti italiani ad affrettare la scelta di investire nell’immobiliare per il timore di nuovi rialzi in arrivo.
Di pari passo, le difficoltà congiunturali si fanno sentire in merito alle richieste di istruttoria per mutui immobiliari, che nel corso del periodo gennaio-marzo hanno registrato una contrazione del -23,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il comparto delle surroghe perde vigore
Considerando il solo mese di marzo, la flessione della domanda di mutui è stata del 22,7% nel confronto a dodici mesi, confermando così la componente strutturale della contrazione delle surroghe. Infatti, buona parte di coloro che sono stati spiazzati dai primi rialzi della Bce, risalenti a metà dello scorso anno, ha provveduto a rottamare il vecchio mutuo con uno nuovo (di solito a tasso fisso), per cui resta limitata la platea di coloro che ancora possono e vogliono seguire questa strada. Entrando nel dettaglio, nel 2022 il fenomeno delle surroghe ha subito una flessione del 57,2%, mentre i nuovi mutui erogati si sono contratti del 4,3%. Quest’ultimo dato è importante perché sta a evidenziare che, nonostante i venti contrari dell’economia, il desiderio di casa resta elevato. Tanto da contagiare anche i giovani, che pure in altri ambiti dell’economia appaiono meno legati al concetto di proprietà, preferendo limitarsi al possesso dei beni, anche per una questione di costi. L’ultimo Osservatorio mensile di MutuiOnline.it segnala che le richieste di mutui provenienti dagli under 36 sono poco meno del 40% del totale. Una cifra particolarmente elevata, che si spiega anche con l’avvicinarsi del 30 giugno, data nella quale scadranno gli incentivi per i giovani, a cominciare dalla garanzia statale estesa all’80%.
Pesa la debolezza congiunturale, ma ancor più l’incertezza sul futuro prossimo
“L’aumento del costo della vita sta mettendo a dura prova le finanze delle famiglie italiane”, commenta Simone Capecchi, executive director di Crif. “Infatti, da un recente osservatorio Nomisma emerge che il 13% delle famiglie ritiene il proprio reddito insufficiente per le spese primarie, tra cui quelle legate alla casa. A questo gruppo di famiglie si aggiunge chi (il 43% delle famiglie intervistate) valuta la propria condizione reddituale per i prossimi mesi alquanto incerta”.
Alla luce di questo scenario, e considerando il quadro macroeconomico incerto, Crif prevede per i prossimi mesi il rischio di una crescita dei default.
Per quanto riguarda la distribuzione per fascia di importo, nel primo trimestre del 2023 le richieste di mutuo per importi compresi tra 100mila e 150mila euro restano ancora la soluzione preferita dalle famiglie italiane, con circa il 29,6% del totale, un dato sostanzialmente in linea con il corrispondente periodo del 2022. Al secondo posto (con il 25,8%) rimane la classe di importo 150mila-300mila euro.
Dall’analisi della distribuzione delle richieste per durata, emerge che la classe di durata più richiesta risulta essere quella da 25–30 anni, con il 36,9% del totale. Nel complesso, oltre otto richieste su dieci prevedono piani di rimborso superiori ai 15 anni, a conferma della propensione delle famiglie a privilegiare soluzioni che pesino il meno possibile sul bilancio mensile, ferma restando la possibilità di rinegoziare le condizioni se risulterà opportuno negli anni a venire.
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