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Bce e Fed, cosa attendersi da qui in avanti

Il 29 gennaio la Federal Reserve e il 30 gennaio la Bce. Sono le date nelle quali torneranno a riunirsi le due banche centrali più importanti in Occidente. Da queste scadenze in poi le strade delle due banche centrali più importanti dell'Occidente potrebbero dividersi.

11/01/2025
bandiera europea con paesi
Verso un nuovo tagli dei tassi in Europa

La distanza tra le due sponde dell’Atlantico potrebbe ampliarsi come raramente accaduto in passato. Parliamo di politica monetaria, il che significa tassi di interesse da pagare sui mutui e sui prestiti.

Il momento delle scelte

Il 29 gennaio la Federal Reserve e il 30 gennaio la Bce. Sono le date nelle quali torneranno a riunirsi le due banche centrali più importanti in Occidente. Cominciando da quella americana, dopo tre tagli consecutivi nel 2024, che hanno portato il tasso ufficiale nel range 4,25-4,50%, questa volta è probabile che si vada verso uno stop. Questa è la previsione del 93% degli addetti ai lavori secondo l’osservatorio online Fed Watch, che è in continuo aggiornamento, ma difficilmente potrà subire un’inversione di tendenza netta da qui ai prossimi giorni.

Gli indicatori monitorati dall’organismo presieduto da Jerome Powell sono due: l’occupazione, che viaggia non distante dai massimi storici, il che rischia di spingere verso l’alto i salari; l’inflazione, che resta sopra il target del 2,0%, con novembre al 2,7% e il rischio di ulteriori rialzi. Le preoccupazioni sono diffuse tra i banchieri che compongono il comitato esecutivo della Federal Reserve, secondo quanto emerge dalla pubblicazione dei verbali relativi all’ultima seduta dell’organismo.

In particolare, i dazi sull’import promessi da Donald Trump inevitabilmente spingerebbero verso l’alto i prezzi dei beni acquistati dai consumatori Usa. Senza citare direttamente il presidente eletto, i banchieri hanno menzionato i settori in cui i cambiamenti della prossima amministrazione potrebbero influire negativamente sull'inflazione, in particolare immigrazione e commercio. Al momento, la maggior parte degli analisti stima che i tagli 2025 della Fed non supereranno complessivamente il mezzo punto percentuale.

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Europa: crescita lenta, serve una scossa

Lo scenario è diverso nell’Eurozona, dove pure la lotta all’inflazione non può dirsi del tutto vinta. A dicembre, infatti, i prezzi dei beni al consumo sono cresciuti del 2,4% rispetto a dodici mesi prima, dopo che a novembre avevano segnato un progresso del 2,2%, a ottobre del 2,0% e a settembre dell’1,7%. Va però detto che nell’area non sono in corso, né in vista, politiche inflattive e la crescita dell’economia è molto più lenta rispetto agli Usa.

In questo contesto, è molto probabile che la Banca centrale europea tagli i tassi ufficiali il 30 gennaio, dopo che nel corso del 2024 li ha già ridotti di un punto percentuale attraverso quattro interventi da 0,25% a testa, portando il tasso ufficiale al 3,0%. La presidente Christine Lagarde ha comunque ribadito diverse volte durante i suoi interventi che la Bce non ha intrapreso una rotta prestabilita e che le varie decisioni sui tassi di interesse dipenderanno di volta in volta dai dati consuntivi e previsionali relativi a inflazione, disoccupazione e crescita economica. Sul primo fronte, il più importante per le decisioni di politica monetaria, gli analisti si attendono un tasso di crescita al 2,1% per il 2025 e all’1,9% per il 2026, esattamente in linea con il mandato statutario dell’istituto di Francoforte. Mentre il Pil non dovrebbe progredire oltre l’1,1%, contro il 2,1% degli States.

L’impatto su mutui e prestiti

Al momento gli analisti stimano tagli 2025 per un totale di un punto percentuale. È difficile immaginare che si produca un distacco più ampio rispetto alle decisioni della Fed per la semplice ragione che l’allentamento monetario porta con sé una svalutazione valutaria. Ma se l’euro si indebolisce molto rispetto al dollaro, l’Eurozona importa inflazione.

In ogni caso, una Bce più accomodante sarebbe un vantaggio per i debitori. Sul fronte dei nuovi prestiti e mutui in primis, con l’attesa di tassi più bassi, ma anche sui mutui in corso relativamente ai contratti a tasso variabile. Ricordando sempre che il mercato tende a muoversi sulle aspettative più che sulle decisioni ufficiali, per cui le tendenze – al ribasso e al rialzo – di solito anticipano le mosse dei banchieri centrali.

A cura di: Luigi Dell'Olio

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