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Case italiane: il 70% ha oltre 30 anni
Aggiornato il 18/05/2015

Il 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni dell'Istat a cura del Centro Studi sull'Economia Immobiliare mette in evidenza come la maggior parte dei fabbricati ad uso abitativo abbia un’età maggiore di 30 anni, circa tre edifici su quattro.
Il dato è facilmente spiegabile, visto che il boom edilizio risale proprio al periodo antecedente al 1980. Nello specifico, il 9,4% della popolazione residente alloggia in costruzioni risalenti a prima del 1919, il 7,9% in edifici realizzati tra il 1919 e il 1945, il 13,2% in quelli edificati tra il 1946 e il 1960 e il 38,8% tra 1961 e il 1980. Le percentuali calano per i periodi successivi: il 22,3% degli stabili è stato fabbricato tra il 1981 e il 2000, mentre il restante 8,4% tra il 2001 e il 2011.
In Liguria, più della metà delle persone residenti in famiglia vive in edifici costruiti prima del 1960; seguono la Toscana con il 41,8%, il Molise con il 36,5%, il Trentino Alto Adige con il 36,2% e Valle d’Aosta, che registra il 35,5% di edifici risalenti a prima del 1960.
È invece alta l’incidenza di chi dimora in edifici residenziali realizzati dopo il 2000 in Sardegna, Abruzzo, Lombardia, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Veneto, anche se in tutte le aree il boom edilizio si è avuto nel ventennio tra il 1961 e il 1980.
Il censimento esamina anche altri parametri, come l’utilizzo delle abitazioni: in Italia l’88,5% è a uso residenziale. La restante percentuale si suddivide tra uso produttivo (2,2%), turistico/ricreativo e direzionale/terziario (1,8%) e ad altro tipo di utilizzo non specificato (5,1%).
La maggiore concentrazione di edifici si trova in Lombardia (12,2%) e in Sicilia (11,7%), mentre quella con la percentuale più bassa si trova in Valle d’Aosta (0,4%), Molise (0,9%) e Basilicata (1,3%). In Campania, Lazio, Lombardia e Liguria la densità abitativa è più elevata, mentre in Molise, Valle d’Aosta, Sardegna, Abruzzo e Sicilia si registrano i valori tra i più bassi d’Italia.
Le abitazioni occupate dai residenti hanno una superficie media che varia a seconda della macroarea di appartenenza geografica. La media nazionale riportata nell’indagine parla di 99,3 metri quadri, che sale a 105,2 nel Nord-Est e a 100,9 metri quadrati nelle Isole; viceversa, nel Nord-Ovest scende a 95,8 metri quadrati e a 97,3 metri quadri al Centro.
Nel Nord-Ovest si registra anche la più alta percentuale di case con una metratura inferiore agli 80 metri quadri, nel Nord-Est invece è maggiore l’incidenza di abitazioni con più di 149 metri quadri.
La maggior parte delle case italiane è dotato di impianto di riscaldamento autonomo, circa il 66%: l’incidenza è maggiore nel Nord-Est e al Centro. Il 20,2% degli edifici dispone, invece, di un impianto centralizzato, con prevalenza delle costruzioni più datate costruite prima degli anni ‘70: tale impianto predomina nell’area del Nord-Est.
Il 22,4% utilizza apparecchi singoli fissi che riscaldano l’abitazione parzialmente (13,5%) o totalmente (8,9%), mentre l’8,6% delle case occupate da residenti non ha un impianto di riscaldamento. Quest’ultimo fenomeno riguarda soprattutto le regioni del Sud, nella percentuale del 16,4%, in relazione invece alle principali città d’Italia, Milano registra un 1,3% di appartamenti occupati da residenti che non dispongono di impianto di riscaldamento, Roma il 2,5%, Genova il 2,7% e Torino il 4,3%.
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