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Rapporto rata reddito
Il rapporto rata reddito nei mutui è un elemento indispensabile che le banche usano per conoscere la capacità di rimborso del richiedente e l’importo massimo erogabile. Tale rapporto, solitamente, non deve andare oltre il 30-35%: la rata non deve superare, dunque, un terzo del reddito mensile della famiglia del mutuatario.
Non mancano, però, delle eccezioni: alcuni istituti bancari arrivano a richiedere un rapporto rata-reddito pari ad un quarto in modo che questo salga al 40%. Il rapporto rata-reddito è quindi un indicatore sulla sostenibilità di un mutuo: le banche fanno uso di questo indice per valutare se il cliente sarà in grado di far fronte al pagamento delle rate o se già al momento della richiesta non è in condizione di sottoscrivere il contratto di finanziamento.
L’affidabilità creditizia di un soggetto è uno degli elementi che, insieme all’età e alla tipologia di impiego, viene preso in considerazione dagli istituti bancari durante la fase di istruttoria. Vengono raccolte informazioni in modo da assegnare un punteggio di affidabilità al cliente. Si parte dai dati anagrafici e si arriva a possibili informazioni e segnalazioni da parte di banche date pubbliche o private in caso di passato creditizio poco sicuro. Il criterio di valutazione più importante è sempre il rapporto rata-reddito che esprime l’incidenza della rata del finanziamento sul reddito netto mensile del richiedente. Di norma non deve superare il 30-35%.
Nel rapporto rata-reddito di un mutuo conta anche la continuità del reddito. I lavoratori dipendenti, che vantano un contratto a tempo indeterminato, hanno sicuramente maggiore facilità nell’accedere al credito rispetto ai lavoratori con contratti temporanei. Sulla stessa lunghezza d’onda di questi ultimi vi sono i lavoratori autonomi di settori ritenuti più a rischio. Alcune banche possono richiedere, infatti, anche la presenza di un garante che possa subentrare al mutuatario in caso di insolvenza.
Ultimo aggiornamento settembre 2019