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Comodato d’uso: vantaggi fiscali e limiti della legge tra Stato e Comuni

21/05/2016
Comodato d’uso: vantaggi fiscali e limiti della legge tra Stato e Comuni

Torniamo a parlare di materia tributaria dopo aver elencato a gennaio tutti i vantaggi fiscali per comprare casa. La legge di Stabilità, infatti, interviene a regolare l’ennesima materia in tema di immobili: il comodato d’uso.

Una sola forma di comodato gratuito viene contemplata, con la riduzione del 50% della base imponibile per il calcolo di Imu e Tasi, così come già previsto per gli immobili storici o inagibili (articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, al comma 3).

L’articolo 1803 del Codice Civile definisce il comodato d’uso come il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Può essere redatto in forma verbale o scritta.

La legge 208/2015, articolo 1, comma 10 stabilisce che lo sconto sulla tassazione delle case date in prestito ai parenti diretti prevede che sussistano alcune precise condizioni.

1 L'abitazione deve essere concessa in comodato ai parenti di primo grado (genitori e figli) del proprietario che se ne servono come abitazione principale. Se il comodato è tra nonni e nipoti non si può applicare la riduzione.

2 Sono escluse dall’agevolazione le abitazioni di lusso, che siano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9

3 Il comodante (chi dà il bene in comodato) deve possedere un solo immobile in Italia, oppure oltre all’immobile concesso in comodato può possedere nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, sempre a eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, quindi non un immobile di pregio.

4 Il comodante deve inoltre essere residente e dimorare abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.

5 Allo stesso modo, il comodatario (chi riceve il bene in comodato) deve usare l'immobile come sua abitazione principale, quindi deve avere la residenza e l'abituale dimora nell'immobile avuto in comodato.

Due precisazioni. Insieme agli immobili a uso abitativo vanno considerate le pertinenze secondo i limiti previsti per l'abitazione principale (massimo 3 pertinenze, una per ogni categoria catastale C2, C6 e C7), invece il possesso di un’altra tipologia di immobile, come un capannone, un terreno agricolo o un'area edificabile non esclude la possibilità di usufruire della riduzione del 50%, purché gli immobili a uso abitativo siano appunto massimo due.

Per poter beneficiare della riduzione, il contratto di comodato deve essere registrato e nessuna scrittura privata varrà o altra forma di dichiarazione di concessione, salvo la registrazione del contratto presso un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Il costo è di 200 euro.

Ma c’è qualcosa che si insinua a contrastare le agevolazioni fiscali previste a livello nazionale dalla legge di Stabilità: le leggi comunali.

È accaduto infatti che i Comuni hanno avuto piena autonomia decisionale nell’approvare le delibere relative al 2016, ma in molti casi non è stata ammessa la possibilità di assimilare la casa data in prestito ad abitazione principale.

Molti di quei comuni che hanno deciso di non accogliere l’assimilazione hanno comunque mantenuto inalterati i benefici delle altre aliquote agevolate definiti negli scorsi anni e la stessa cosa hanno potuto fare i Comuni che hanno scelto di applicare la legge del risparmio fiscale. Così, è successo che i cittadini più fortunati hanno potuto beneficiare dello sconto del 50% sull’Imu e la Tasi e in più delle agevolazioni fiscali comunali, altri invece dei Comuni più resistenti ad accogliere le novità in tema fiscale, non hanno usufruito di alcuna agevolazione.

Una situazione in alcuni casi molto penalizzante, che ha indotto alcuni Comuni dove non è stata accolta l’assimilazione a deliberare l’applicazione di aliquote agevolate, compresa tra il 4,6 per mille e il 10,6 per mille. Ad Aosta, ad esempio, la nuova disciplina è stata definita penalizzante per i contribuenti e il Comune ha definito un’aliquota fissa al 4,6%.

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A cura di: Paola Campanelli

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