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Mutui, come tassi e spread influiscono sul prezzo

10/02/2016
Mutui, come tassi e spread influiscono sul prezzo

È stato un anno di grazia per chi ha acquistato casa e acceso un mutuo. Determinante per la convenienza dei finanziamenti, il prezzo proposto dalle banche, con spread ridotti nel quarto trimestre del 2015 all’1,6% e all’1,0% rispettivamente per i tassi variabile e fisso, perdendo punti essenziali dal primo trimestre dell’anno, quando avevano misurato l’1,8% e l’1,9%. Una contrazione che nel corso dei 12 mesi dell’anno è arrivata a toccare sui migliori spread praticati il 15% per i mutui a tasso variabile e ben il 47% per i mutui a tasso fisso (fonte: CRIF).

La causa di tanto movimento è da ricondursi alla politica monetaria espansiva della BCE, con l’immissione di liquidità sul mercato bancario che ha come diretta conseguenza la riduzione dei tassi d'interesse con cui le banche si scambiano denaro: l'Euribor a tre mesi, l’indice che determina insieme allo spread il tasso finale dei finanziamenti variabili, oggi è a -0,17%. Allo stato attuale, per un mutuo a 20 anni a tasso variabile e un loan-to-value del 50%, il tasso nominale è inferiore all'1,2% e il tasso effettivo sotto l'1,5%.

In questo scenario in cui le banche si tutelano fissando un tetto minimo al di sotto del quale lo spread non può scendere nelle loro valutazioni dell’offerta di finanziamenti, la Banca d'Italia invia una circolare che contiene un richiamo agli istituti di credito perché adottino la massima trasparenza e correttezza sui tassi applicati ai mutui variabili. "Da alcune segnalazioni pervenute sono emerse ipotesi in cui gli intermediari hanno neutralizzato l'erosione dello spread derivante dal sopravvenuto valore negativo del parametro, attribuendo a quest'ultimo valore pari a zero e questo ha determinato l'applicazione di tassi di interesse non allineati con le rispettive previsioni contrattuali", si legge nella comunicazione pervenuta agli istituti.

Un’altra evidenza di questa congiuntura del mercato finanziario è la tendenza da parte delle banche a proporre il tasso fisso, secondo un vero e proprio primato fin dai tempi dell’introduzione dell’euro. Un finanziamento a tasso fisso è notoriamente più rischioso per la banca, tanto da richiedere, per coprirsi da un eventuale rischio di fluttuazione dei tassi negli anni, l’acquisto da parte dell'istituto di derivati il cui costo è in parte scaricato sul privato con uno spread più alto.

Lo spread sul mutuo a tasso fisso costa infatti di norma un po’ di più (10-15 punti base) rispetto a un variabile di pari durata, ma attualmente i migliori spread di un fisso sono più bassi anche dello 0,6% e il tasso finito del miglior variabile si attesta all’1,2% contro quello del miglior fisso che è pari al 2,2%.

Ma perché le banche spingono il tasso fisso? Per mettersi al riparo dal rischio delle surroghe in futuro, quando i tassi variabili riprenderanno a salire, anche se il fenomeno surroghe è destinato a perdere potenza nei prossimi anni e chi aveva convenienza a cambiare lo ha già fatto. Ma anche perché con molta probabilità non ritengono che nei prossimi anni i tassi saliranno di molto e così l’inflazione.

Dalla parte del consumatore che avesse intenzione di stipulare un mutuo, è necessario sapere che non sempre il tasso fisso è la soluzione più vantaggiosa. Situazioni di inflazione bassa e di tassi ai minimi suggeriscono il variabile per mutui della durata fino a 15-20 anni, considerato che i primi anni sono quelli in cui si pagano più interessi e meno capitale. Ma per mutui della durata fino a 30 anni, l’imponderabilità delle condizioni del mercato futuro suggeriscono un tasso fisso stipulato a condizioni record come offre il mercato in questo momento.

A cura di: Paola Campanelli

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