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Nuovo Catasto: la rivoluzione è nel mattone

Pubblicato il 18/02/2015

Aggiornato il 18/05/2015

Nuovo Catasto: la rivoluzione è nel mattone

Nessuna distinzione tra immobili di lusso e case popolari, e valori calcolati non più sulla base della rendita catastale ma del valore patrimoniale: la nuova riforma sul Catasto, inserita nella Delega Fiscale, è vicina. Il 10 novembre dello scorso anno il Consiglio dei Ministri aveva approvato il decreto sulle commissioni censuarie, stabilendo che 106 organismi saranno incaricati di ristabilire i parametri per i valori catastali di circa 62 milioni di immobili, adeguandoli a quelli di mercato.

Il valore di un immobile sarà valutato sulla base di criteri che tengono conto del suo valore di mercato: ubicazione e conservazione, piano, ascensori e affaccio; parametri il cui valore che dovrà poi essere moltiplicato per i metri quadrati dell’immobile. Varrà inoltre il conteggio dei metri quadri dell’immobile e non più il numero dei vani.

Ci vorranno cinque anni per portare a compimento la rivoluzione che vedrà l’abolizione delle categorie A/1, A/2, A/3, perché tutti i fabbricati residenziali saranno classificati come "O/1” e spetterà all’Agenzia delle Entrate la nuova classificazione degli immobili, sotto la supervisione dell’Ansa.

“Adeguate riduzioni” sono previste per gli immobili di interesse storico-artistico, rendite che arrivano al 30% per palazzi oltre i 300 metri quadri e che rientreranno nella nuova categoria ordinaria.

Il nuovo catasto conferma l’esenzione dalle tasse per le chiese e i luoghi di culto se “con caratteristiche edilizie proprie dell'uso specifico cui sono destinati", perché improduttivi e senza alcuna rendita o valore catastale.

Tre le deadline previste: il primo luglio per l’avvio del campionamento degli immobili, metà del 2018 per la messa a punto delle funzioni statistiche, dicembre 2019 per la determinazione della nuova base imponibile.

Una quarta data, il primo novembre di questo anno, è invece prevista per l’insediamento delle commissioni locali che dovranno lavorare sulla validazione delle funzioni statistiche determinate dall’Agenzia delle Entrate, mentre una commissione istituita a livello centrale con poteri sostitutivi in caso di necessità deciderà su eventuali ricorsi dell’Agenzia delle Entrate e dei Comuni.

La nuova riforma dovrebbe arrivare a una rivalutazione dal 30 fino al 180% delle rendite immobiliari e se l’aumento non sarà compensato da una riduzione di IMU e TASI, il rincaro delle imposte sarà inevitabile. Il testo della bozza del decreto sembra sconfessare questo rischio, specificando che “la revisione dovrà assicurare la sostanziale invarianza di gettito complessivo delle imposte erariali e locali”, ma il rischio è che a livello locale i Comuni possano intervenire introducendo balzelli.

Sul piede di guerra le associazioni dei consumatori. Federconsumatori e Adusbef stimano infatti un rincaro di 230-260 euro l’anno, ritenendo insufficiente la generica garanzia contenuta nella norma sulla riforma catastale, quella sulla “invarianza del gettito”.

“Ci sono pericoli evidenti nella riforma che speriamo siano superati con una visione realmente ispirata all'equità generale e non riservata solo ad alcuni casi”, ha commentato il presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani. “Mi auguro che gli accertamenti sulle rendite siano fatti censendo realmente i valori e le rendite attuali che sono al minimo storico”.

A cura di: Paola Campanelli

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