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Il Quantitative easing chiude la sua lunga stagione. Cosa accadrà ai mutui?

20/06/2018
Il Quantitative easing chiude la sua lunga stagione. Cosa accadrà ai mutui?

La tanto temuta fine del Quantitative easing di Mario Draghi ci sarà, decisa durante la riunione di giugno della Banca centrale europea che ha decretato la fine della politica monetaria espansiva a dicembre: un rilascio graduale che vedrà gli acquisti di titoli, da ottobre alla fine dell’anno, passare dagli attuali 30 miliardi al mese ai 15 miliardi.

Un punto sul Quantitative easing

Nel 2015 il Quantitative easing, letteralmente “facilitazione quantitativa”, è stata l’operazione con cui la Banca centrale europea è intervenuta sul sistema finanziario ed economico del nostro Paese al fine di aumentare la liquidità in circolazione e stimolarne la crescita economia.

Di fatto la Bce ha acquistato i nostri titoli di Stato e obbligazioni in genere dalle banche per 300 miliardi di euro (dati Banca d’Italia), con acquisti di 60, 80 e poi 30 miliardi al mese, dando così liquidità agli istituti finanziari che a loro volta l’hanno offerta in prestito a imprese e famiglie.

Questa manovra, il cui obiettivo ultimo era il rilancio della produttività delle nostre imprese e della nostra crescita economica, ha avuto come effetto quello di comprimere i rendimenti dei titoli di Stato a livelli mai visti in precedenza, favorendo i mercati azionari e le attività a maggior rischio che hanno tratto beneficio dai tassi bassi sulle obbligazioni.

Le conseguenze sullo spread e sull’inflazione

Altra conseguenza della politica generosa di Quantitative easing è stata l’abbassamento dei valori del famoso spread, un numero che misura la differenza di rendimento fra i titoli di Stato italiani (Btp) e quelli tedeschi (Bund) con durata decennale e che esprime di fatto il sentiment degli investitori internazionali nei confronti del nostro Paese. Il suo valore alto è indice che allo Stato italiano costa di più chiedere soldi in prestito attraverso la stessa emissione di obbligazioni di Stato, che nel frattempo perdono valore proporzionalmente alla perdita di fiducia degli investitori nel sistema finanziario italiano. Ebbene, quello stesso spread è passato dai circa 350 punti del 2015 ai 130 del marzo scorso e risalito con i fatti politici dell’ultimo mese a 300 punti, per ristabilirsi dopo la formazione del nuovo Governo intorno ai 230 punti.

Ma non è tutto, perché non ultima tra le conseguenze positive, la politica di iniezione di liquidità ha fatto bene alla nostra inflazione, contrastando il rischio di una deflazione, vale a dire il calo cronico dei prezzi dei beni e servizi. E da quanto emerge dalle previsioni della Bce, l’inflazione dovrebbe passare dall’1,1% di quest’anno all’1,6% del 2019, fino all’1,9% del 2020, non lontana dal 2% auspicato.

Cosa accadrà dopo la chiusura del Qe?

Di fatto il messaggio da parte del presidente della Bce è che "gli acquisti di titoli del Qe non stanno sparendo, ma restano parte degli strumenti di politica monetaria e potranno essere usati in particolari frangenti”. La stessa Banca reinvestirà le somme ottenute con il rimborso dei titoli acquistati per un esteso’ periodo di tempo dopo la fine del Quantitative easing e comunque per tutto il tempo in cui sarà necessario “mantenere favorevoli condizioni di liquidità e un elevato livello di accomodamento monetario”.

Altra considerazione è stata fatta sui tassi, che non aumenteranno almeno fino all’estate del 2019, così il tasso sui depositi delle banche verso la Bce che rimarrà invariato a -0,40% e il tasso di riferimento fondamentale, a zero dal 10 marzo del 2016, non subirà aumenti per almeno 12 mesi.

Ci sono minacce per i mutui?

Le conseguenze della fine del Qe sui mutui le avevamo in parte riportate nella nostra news "Mutui: perché adesso chi ha un tasso variabile può stare tranquillo" e valgono ancora in questo momento.

Chi infatti ha un mutuo, in special modo chi ha stipulato un finanziamento a tasso variabile, non subirà alcun aumento almeno per un altro anno. Le conseguenze più rilevanti saranno sui mutui a tasso fisso, ma perché con molta probabilità le banche aumenteranno lo spread per contrastare gli aumenti del costo del denaro sui finanziamenti.

A determinare il costo del mutuo contribuiscono infatti due fattori: lo spread praticato dalle banche e l’Euribor (o Eurirs nel caso di mutuo a tasso fisso). Per quanto riguarda il primo, nulla ha a che vedere con lo spread di cui si parla tanto in questi giorni, visto che rappresenta appunto il margine lordo che la banca si riserva sul finanziamento.

La seconda variabile dipende invece dall’andamento dei tassi del mercato interbancario. I mutui a tasso fisso sono parametrati sul valore degli indici Eurirs, solitamente al valore del giorno in cui si stipula, i mutui a tasso variabile sono indicizzati all’andamento dell'Euribor. Ebbene, per adesso Euribor ed Eurirs non c’è pericolo che subiscano rialzi, visto che il loro andamento risponde a regole ben precise e tempi che sono quelli stabiliti dalla Bce, che ha rassicurato come abbiamo visto sopra la stabilità dei tassi ancora per un buon periodo.

Cosa fare se si ha un mutuo o se si sta per stipularlo

Certo, senza l’aiuto della Bce il nostro Paese che attualmente soffre un debito pari al 130% del Pil dovrà muoversi con molta cautela e dovrà riconquistare la fiducia degli investitori. Dal canto loro, i mutuatari o futuri tali dovranno valutare attentamente le scelte da fare: un passo essenziale sarà informarsi su ogni rischio e confrontare le offerte degli istituti di credito sul mercato.

Una mano importante nella scelta più economica di mutuo arriva sicuramente dal comparatore numero uno in Italia. Su MutuiOnline.it è possibile trovare non solo il mutuo migliore del giorno, ma ogni volta la soluzione più adatta tra quelle offerte da ben 44 banche, in maniera semplice, veloce e completamente gratuita.

A cura di: Paola Campanelli

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