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Mario Draghi non sorprende: tassi invariati

10/09/2016
Mario Draghi non sorprende: tassi invariati

Wait and see, questo il mantra che negli ultimi tempi il governatore della BCE Mario Draghi si sta ripetendo ininterrottamente nella propria mente. Del resto di variabili incontrollate negli ultimi tempi ce ne sono state tante: dal terrorismo alla Brexit.

Intanto l'economia continua ad arrancare, mostrando un tasso di crescita moderato, mentre l'inflazione resta ancora troppo lontana dal target del 2%. Che cosa fare? Meglio aspettare e stare a guardare... così la pensa il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che nella conferenza stampa successiva alla decisione della BCE di lasciare tassi e QE invariati, ha dichiarato che l'economia europea resta "solida" mentre permangono i rischi al ribasso. Tanto che sono state riviste in peggio le stime di crescita del PIL dell'Europa per il 2017 e 2018. I cambiamenti nello scenario economico dell’Eurozona non sono "così sostanziali da giustificare nuove azioni", ha specificato Draghi, ammettendo che durante la riunione del Board non si è discusso affatto della possibilità di estendere il programma di acquisti (QE).

Il tasso di rifinanziamento principale resta dunque a zero, senza sorprendere gli analisti, così come resta invariato il programma di acquisti, incrementato da 60 a 80 miliardi nel mese di marzo. Gli stimoli monetari proseguiranno fino alla fine di marzo 2017, "o oltre se necessario", ha puntualizzato Draghi, fintanto che l’inflazione non tornerà a un livello sostenibile.

Riguardo alle previsioni di crescita economica, gli esperti della BCE hanno rivisto al rialzo il dato del 2016, al +1,7% dal +1,6% della stima di giugno, indicando per il 2017 e il 2018 un PIL in aumento dell’1,6% dall'1,7% stimato in precedenza. "Continuiamo ad attenderci un PIL in crescita moderata ma costante", ha dichiarato Draghi puntualizzando che la ripresa continua a essere appesantita dalla domanda estera, in particolare dopo la Brexit. La ripresa è frenata anche dalle riforme strutturali che non hanno prodotto gli effetti sperati.

L’inflazione resta la nota dolente visto che impiegherà "un po’ più del previsto a raggiungere il livello al di sotto ma vicino al 2%, ma non molto più tempo", ha assicurato il numero uno dell'Eurotower. I tassi d'inflazione rimarranno bassi nei prossimi mesi, almeno fino al 2016 mentre "dovrebbero crescere nel 2017 nel 2018".

Draghi si è trovato poi a dover difendere ancora una volta i tassi di interesse bassi, spiegando che questi "devono restare bassi perché la ripresa prenda piede, una ripresa che poi avrà effetti positivi sui bilanci dei gruppi bancari. I tassi di interesse devono essere bassi oggi per poter salire domani".

La crescita moderata e le variabili geopolitiche tengono in allerta anche la Fed, indecisa o meno sul da farsi. "Si rafforza l'ipotesi di un rialzo dei tassi", aveva detto il governatore della Federal Reserve, Janet Yellen, a Jackson Hole, riconoscendo dei miglioramenti dal punto di vista economico degli States, specialmente nel mercato del lavoro e nei consumi.

A fronte di queste ultimissime dichiarazioni molti esperti ritengono probabile che la Yellen aprirà le danze a futuri rialzi dei tassi d'interesse con un intervento entro il 2016, magari a dicembre. Per la riunione della Federal Reserve in programma a fine mese, si prevede dunque un nulla di fatto o meglio un wait and see.

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A cura di: Cristina Fortarezzo D'Amicis

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