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La perdita dei benefici fiscali sulla prima casa

11/11/2014
La perdita dei benefici fiscali sulla prima casa

 La legge prevede sconti fiscali per chi acquista una prima casa e fissa le condizioni e i requisiti necessari per conservare i benefici previsti, pena il versamento delle imposte risparmiate con annessi interessi e una sanzione pari al 30% dell’imposta.

È necessario, in prima istanza, conservare la proprietà dell’immobile per almeno 5 anni: la vendita o il trasferimento prima di questo tempo comporta la perdita dei benefici acquisiti, a meno che non si proceda entro un anno all’acquisto di un altro immobile da destinare ad abitazione principale. Relativamente al riacquisto, l’ordinanza 17151/2014 della Corte di Cassazione lo riferisce  al momento della stipula del contratto definitivo di compravendita e non al contratto preliminare.

Altro ostacolo ai benefici fiscali è costituito dal trasferimento della residenza. La normativa prevede che la condizione necessaria per godere delle agevolazioni sulla prima casa è che questa sia ubicata nel comune di residenza del suo acquirente, che comunque, se non residente, dovrà impegnarsi a trasferirsi entro 18 mesi dall’avvenuto acquisto dell’immobile.

L’Agenzia delle Entrate ha stabilito con la risoluzione n105/E del 3 ottobre che durante i diciotto mesi, se l’acquirente non può rispettare l’impegno dell’acquisizione della residenza, può sempre revocare la dichiarazione formulata al momento dell’atto di compravendita e chiedere la riliquidazione dell’imposta (istanza di revoca) all’ufficio che lo ha registrato: in questo caso di ravvedimento pagherà gli interessi ma non la sanzione del 30%, se non è imputabile a lui la causa del mancato ottenimento.

Trascorsi i diciotto mesi, l’acquirente può ancora ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso e ottenere importanti riduzioni delle sanzioni, ma solo se la violazione non sia stata constatata: in questo caso l’ufficio presso il quale l’atto è stato registrato riliquida l’atto e notifica l’avviso di liquidazione dell’imposta dovuta, con gli interessi e la sanzione ridotta. 

A queste condizioni possono subentrare impedimenti indipendenti dalla volontà dell’acquirente, che derogano alla norma. Una recente sentenza della Cassazione, la 19247/2014, stabilisce infatti che il beneficio non decade se il motivo del ritardo è da ricondursi alla lungaggine dei lavori per la messa in sicurezza dell’edificio o in presenza di vizi di costruzione dell’immobile, oppure di ritrovamento di reperti archeologici. I benefici sussistono anche in caso di mancato rilascio da parte del comune del certificato di residenza, in caso di morte dell’acquirente o di malattia di un suo figlio.

Altro caso in cui il beneficio sussiste senza che sia necessario il trasferimento della residenza è quello di chi si è trasferito all’estero per lavoro e acquista un immobile nel luogo dove si svolge l’attività lavorativa: in questo caso si rendono necessarie la dichiarazione del datore di lavoro e una sua lettera da produrre all’Agenzia delle Entrate al momento della registrazione dell’atto di vendita. La permanenza dei benefici è riconducibile all’unico caso in cui si tratti di lavoro dipendente.  

Se la causa del mancato trasferimento di residenza dell’acquirente è una separazione dal coniuge, trattandosi di motivo dipendente dalla volontà del proprietario dell’immobile, questa non può essere considerata causa di forza maggiore.

Nel caso di acquisto da parte dei coniugi in comunione di beni, se solo uno dei due possiede i requisiti necessari alle agevolazioni fiscali, il beneficio si applica per il 50%, limitatamente alla parte di proprietà dal coniuge che ne ha diritto.

La legge concede delle eccezioni, con condizioni differenti riservate ai cittadini italiani residenti all’estero: in questo caso non sussiste l’obbligo della residenza ma solo che l’immobile sia stato acquistato come prima casa in Italia, e a scopo abitativo.

In tutti i casi visti, dal giorno in cui parte l’attività di accertamento, il Fisco ha 3 anni di tempo per constatarne l’irregolarità.

Tuttavia, l’interpretazione della legge sulle deroghe ammesse in tema di accesso ai benefici non è sempre univoca: ogni caso specifico e ogni requisito richiesto sono suscettibili di una valutazione da parte dei giudici, la quale può essere ogni volta differente.

A cura di: Paola Campanelli

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