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Canone concordato: novità e numeri inaspettati

04/06/2017
Canone concordato: novità e numeri inaspettati

È in occasione del rinnovo della disciplina dei contratti a canone concordato che torniamo a parlare di quella che si conferma la formula di affitto più praticata nel nostro paese.

Il contratto a canone concordato è stabilito in base agli accordi locali fra le organizzazioni più rappresentative dei conduttori di proprietà edilizia e gli inquilini, non potendo superare un tetto massimo stabilito. Detto anche canone calmierato, la sua durata non può essere inferiore a 3 anni, rinnovabile per altri 2 anni e soggetto a registrazione entro 30 giorni dalla stipula con il modello RLI, dove andrà indicata la voce L2. Il grande vantaggio di questa soluzione di contratto di affitto è la tassazione, di cui abbiamo scritto in "Cedolare Secca: aliquota ridotta anche nel 2017": per i locatari, che si trovano a corrispondere un affitto in genere basso rispetto a quelli di mercato e per i locatori che beneficiano di agevolazioni fiscali utilizzando la cedolare secca al 10% anziché quella al 21% prevista per i canoni liberi.

La disciplina che li regola, la 431/98, è stata rinnovata con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del 15 marzo del Decreto interministeriale del 16 gennaio 2017 che attua la convenzione nazionale tra le sigle della proprietà edilizia e i sindacati degli inquilini, introducendo importanti aggiornamenti. Uno di questi prevede che nei nuovi accordi il canone dovrà essere fissato entro una fascia di oscillazione minima e massima, "stabilito tra le parti che potranno farsi assistere dalle rispettive organizzazioni, salvo sottoporre i contratti stessi all’attestazione di conformità da parte di almeno una delle organizzazioni firmatarie dell’accordo, secondo modalità che sarà lo stesso accordo a dover individuare e se stabilito, dietro versamento di un corrispettivo".

Altra novità riguarda la possibilità di estendere il canone concordato a qualsiasi Comune, anche se non costituisce un centro ad alta tensione abitativa, semplicemente facendo riferimento alle norme convenzionali stabilite negli accordi di un Comune vicino e omogeneo per popolazione.

Arriva da Solo Affitti la ricerca che rileverebbe il 53,9% dei contratti di affitto stipulati a canone concordato: oltre la metà, e in crescita rispetto al 53,4% dello scorso anno. Il centro e il nord Italia sarebbero le zone dove è usato maggiormente, con in testa tre comuni virtuosi: Verona, dove la sua diffusione riguarda praticamente la totalità dei contratti di affitto (il 99%), Grosseto con il 96% e Forlì con il 93%. A seguire troveremmo tre capoluoghi del Centro, Latina, Livorno e Perugia, con un valore molto simile, intorno all’88%.

Differente la situazione al Sud, dove la percentuale massima di contratti di affitto stipulati a canone concordato si trova a Sassari (60%), Palermo e Oristano (55%), Barletta (41%) e Cagliari (40%).

La formula funziona poco, evidentemente, nei centri dove i prezzi di mercato delle locazioni sono molto elevati, perché città d’arte o di turismo. È l’esempio di Napoli, che raccoglie solo il 28% e Milano dove non si raggiunge il 15%. Per questo caso si veda la nostra news "Affitti a Milano: canone libero o concordato?", dove avevamo anche calcolato la convenienza del canone concordato mettendo a confronto le zone di pregio con quelle periferiche e arrivando a constatare che la convenienza rimane alta in quest’ultime, dove lo scarto tra i due tipi di canone è praticamente nulla.

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A cura di: Paola Campanelli

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