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Tasse sulla casa: raddoppiate rispetto al 2010

Pubblicato il 12/03/2015

Aggiornato il 18/05/2015

Tasse sulla casa: raddoppiate rispetto al 2010

Lo dicono i dati diffusi dall’ufficio studi della Confcommercio: l’imposizione fiscale sugli immobili continua a crescere.

Le cifre evidenziano come le tasse locali siano arrivate a essere insostenibili per le famiglie italiane, che in media spendono circa 4.200 euro l’anno: in otto semestri sono aumentate più del 115% e solo nel 2014 sono salite del 14,7% rispetto al 2013.

Le tasse sulla casa erano pari a 14,8 miliardi di euro nel 2011 e sono cresciute fino ai 29,8 miliardi del 2012 e 27,8 miliardi del 2013, per poi toccare la punta massima nel 2014 di 31,88 miliardi di euro: quest’ultimo dato, che include le varie Ici, Imu, Tasi e Tari, non scenderà nel 2015. Tutto questo influisce sulla riduzione di reddito dei cittadini: meno denaro disponibile si ripercuote sulla scarsa ripresa dei consumi.

Il peso dei tributi locali sul Prodotto interno lordo è più che raddoppiato, passando dal 2,9% del Pil nel 1995 al 6,5% del 2014. E nei prossimi anni la situazione potrebbe anche peggiorare: potrebbero infatti scattare le clausole di salvaguardia, come l’aumento dell’Iva al 25,5% e al 13% quella agevolata,  l'aumento delle accise sui carburanti e le misure fiscali contenute nella Legge di stabilità 2015 che porterebbero maggiori imposte per circa 73 miliardi di euro nel triennio fino al 2018

Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, commenta così il rapporto elaborato: “Registriamo segnali di risveglio economico che non autorizzano facili ottimismi ma evidenziano un'inversione di tendenza che si può consolidare soltanto con il sostegno della domanda interna, partendo da una riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese in modo certo, sostenibile e generalizzato”.

Per la Confcommercio, l’aumento smisurato delle tasse sarebbe colpa di un federalismo fiscale incompleto e inconcludente. La conseguenza dei tagli ai trasferimenti da parte dello Stato porterebbe i Comuni – soprattutto quelli del Sud – a ritrovarsi con meno introiti e dunque costretti ad alzare le imposte per far fronte alle spese. La ricerca, infatti, sottolinea come a parità di imponibile Irap e Irpef (di 50.000 euro), un contribuente campano o calabrese sborserà circa 2.350 euro in più rispetto a un residente della Sardegna, dove si registra un gettito più basso, pari a 16.870 euro, contro i 19.220 euro di Campania e Calabria: consistente anche il divario con il Lazio che fa segnare un gettito di 19.070 euro e una differenza pari a 2200 euro in più.

Secondo il Codacons, queste iniquità tra Regioni sarebbero del tutto ingiustificate: “a un maggiore sforzo dei contribuenti non è corrisposto alcun miglioramento dei servizi resi dagli enti locali e dallo Stato”; dello stesso parere la Confcommercio, ribadendo in una nota che “a servizi spesso peggiori corrispondono imposte maggiori, con una perdita di reddito netto rispetto ai minimi di oltre il 7%”.

A cura di: Paola Campanelli

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